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martedì 27 agosto 2013

La Malattia/Morbo di Crohn

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La malattia di Crohn è una patologia infiammatoria cronica intestinale che può interessare qualsiasi tratto  dell'apparato digerente,dalla bocca all'ano. Ergo,ha un'ampia variabilità anatomica,a cui corrisponde anche un importante variabilità clinica. In generale la sintomatologia è caratterizzata da:
Dolore intermittente,diarrea cronica intermittente e calo ponderale (da malassorbimento). L'età d'esordio è intorno ai 15-25.
Caratteristica molto importante è che il morbo di Crohn ha un andamento Intermittente,ovvero si intervallano periodi di attività a periodi di remissione. In virtù dell'aspecificità dei sintomi la diagnosi viene posta 1-2 anni più tardi dall'insorgenza degli stessi.

Dal punto di vista epidemiologico bisogna dire che è una malattia molto frequente nei paesi industrializzati,infatti la sua prevalenza è quasi quadruplicata nel giro di 25 anni. In italia ,nella fattispecie, vengono colpiti circa 60 persone su 1000,senza predilezione tra i sessi.
Fattori di rischio sono considerati,la predisposizione genetica e il fumo.

Le cause della patologia sono ancora oggi oggetto di studi,ma si  è ipotizzato un importante ruolo svolto del sistema immunitario nei confronti di antigeni presenti nel lume intestinale,a cui risponderebbe in maniera abnorme.

Dal punto di vista anatomo-patologico possiamo dire che il M.di Crohn presenta 3 caratteristiche principali:
1)segmentarietà delle lesioni
2)Interessamento di tutti i tratti del canale alimentare (prediligendo ileo e colon)
3)diffusione a tutto spessore nella parete

La parete colpita si presenta ispessita,iperemica,edematosa ,stenosata e ulcerata.

La diagnosi viene eseguita con endoscopia!

La terapia può essere medica o chirurgica.
La t.medica è solo conservativa e si basa sull'uso di corticosteroidi sistemici.
La terapia chirurgica è l'unica terapia definitiva  e consiste nell'ablazione dei tratti colpiti.

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lunedì 26 agosto 2013

Malattia Di Alzheimer

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E’ una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce la memoria e le facoltà cognitive.
Tale malattia è caratterizzata dalla presenza di placche amiloidi diffuse e dalla degenerazione neurofibrillare (grovigli neurofibrillari).
Le placche amiloidi si formano in seguito alla deposizione di β-amiloide, un peptide di 44 amminoacidi derivante dal clivaggio anomalo di un peptide molto più lungo. La deposizione di β-amiloide è responsabile della formazione delle placche senili (fase preclinica). Si formano probabilmente in alcune regioni dell’encefalo ed in particolare a livello dell’ippocampo (memoria) e dell’amigdala (attenzione). La trasformazione delle placche senili in placche diffuse (fase clinica) è conseguente a fenomeni degenerativi perifericamente alle placche senili. In virtù della localizzazione delle placche senili (ippocampo e amigdala) l’esordio clinico di questa malattia si identifica con un deficit più o meno grave della sfera cognitivo-mnemonica.
La tossicità della β-amiloide si estrinseca attraverso la produzione di radicali liberi. La β-amiloide presente nelle placche è in grado di attivare le cellule della microglia con conseguente rilascio di ossidanti, quali NO, derivanti dall’attivazione dell’iNOS (NO + O2-ׂà ONOO-).
L’inibizione del complesso IV da parte della β-amiloide determina una aumento di elettroni che vengono ceduti all’ O2 dal complesso Q piuttosto che al complesso IV inibito. Di conseguenza si ha la riduzione parziale dell’ossigeno ad anione superossido.
Si ha accumulo di ferro nei neuroni che presentano anomalie del citoscheletro determinate dagli accumuli intracellulari di materiale fibrillare (grovigli neurofibrillari) costituito da Filamenti Elicoidali Appaiati (FEA), derivati da una proteina patologicamente iperfosforilata (proteina TAU).
Le caratteristiche che accomunano la sostanza β-amiloide e la proteina TAU, che entrano rispettivamente nella costituzione delle placche amiloidi e dei grovigli neurofibrillari, sono due:
-          insolubilità, che determina precipitazione e quindi accumulo;
-          resistenza all’azione degli enzimi proteolitici, che determina irreversibilità della lesione.

La β-amiloide deriva dal precursore APP che è una proteina glicosilata di membrana costituita da un dominio extracellulare N-terminale, un dominio citoplasmatico C-terminale e un dominio transmembrana. Il peptide β/A4 (β-amiloide) è costituito da una porzione del dominio transmembrana e un breve segmento adiacente del dominio extracellulare. E’ ovvio quindi che il peptide β/A4 derivi da un’alterata proteolisi (clivaggio) dell’APP.
Le vie del metabolismo dell’APP sono due:
-          una via lisosomiale. Il clivaggio dell’APP è effettuato dagli enzimi lisosomiali;
-          una via secretasica. La normale proteolisi delle proteine APP avviene ad opera dell’enzima α-secretasi.

Un’alterazione, quindi, di tali vie metaboliche, può determinare la formazione del peptide β/A4. Evidenze sperimentali hanno dimostrato che in caso di Morbo di Alzheimer la funzione dei lisosomi dei neuroni corticali è alterata e la proteolisi del peptide APP è catalizzata dalle β- e γ-secretasi piuttosto che dall’α-.
Un’altra ipotesi patogenetica si basa sulla convinzione che un’aumentata sintesi di APP possa essere alla base di un’eccessiva produzione di β/A4. Tale convinzione deriva da osservazioni condotte su pazienti effetti da Trisomia 21. Questi pazienti hanno una copia extra del gene APP e di conseguenza una maggiore incidenza ed una comparsa più precoce dell’Alzheimer.

Per quanto riguarda la proteina TAU, un’inappropriata o eccessiva fosforilazione la trasformerebbe nella proteina A68 che entra nella costituzione dei filamenti elicoidali appaiati e, di conseguenza, dei grovigli neurofibrillari.

La sintomatologia della malattia è rapportabile ad un deficit colinergico. Si ha, infatti, una ridotta attività dell’enzima colina-acetiltrasferasi (CAT). La CAT catalizza la sintesi dell’ Ach da acetil-coA e colina. La riduzione dell’attività della CAT (del 30% inferiore al normale) è localizzata nella corteccia temporale, che rappresenta peraltro una delle sedi più colpite dalle alterazioni neurologiche nel morbo di Alzheimer. Si ha, inoltre, un deficit di somatostatina, si riduce la concentrazione di somatostatina intraneuronale.

La diagnosi di Malattia di Alzheimer è clinica. Non esiste, infatti, nessun test di conferma, a parte la biopsia cerebrale che raramente trova una giustificazione etica (estremamente lesiva e pericolosa). L’unico risultato significativo è stato il riscontro di una riduzione dei livelli liquorali di somatostatina.


La terapia è volta a prevenire l’anomala fosforilazione della proteina TAU e quindi la formazione della proteina A68 e la sua deposizione nei grovigli neurofibrillari; è volta, inoltre, a prevenire la degradazione del peptide APP a livello lisosomiale. Ad esempio, le clorochine determinano un aumento del PH all’interno dei lisosomi e quindi una diminuzione delle idrolasi acide lisosomiali.

Morbo Di Parkinson

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E’ una patologia neurodegenerativa relativamente frequente (colpisce una persona su 40).
Il danno cerebrale si realizza a livello dei gangli della base ed è caratterizzato dalla perdita specifica dei neuroni dopaminergici della Sostanza Nera e dalla presenza di caratteristiche inclusioni proteiche nel citoplasma neuronale, denominate corpi di Lewis.
La sintomatologia è caratterizzata da tremori, instabilità posturale, ipocinesia (inespressività del volto) ed ipertornia (rigidità), che insieme configurano la sindrome ipertonico-ipocinetica caratteristica della patologia.
La patogenesi non è ancora pienamente conosciuta. Numerosi dati sperimentali, comunque, sostengono l’ipotesi che lo stress ossidativo possa rappresentare un fattore chiave per lo sviluppo della malattia. Studi post mortem hanno evidenziato un aumento nel contenuto di lipidi idroperossidi di circa dieci volte superiori nei pazienti affetti da Parkinson rispetto ai pazienti non-parkinsoniani. A livello della sostanza nera, inoltre, l’attività della glutatione perossidasi e della catalasi è ridotta rispetto ad altre regioni cerebrali mentre l’attività della SOD è aumentata. Ciò determina un accumulo di perossido di idrogeno che, in presenza di ioni metallici (ferro e rame), si riduce generando radicale idrossile (reazione di Fenton).
A causa della traslocazione dell’ L-cisteina nelle cellule dopaminergiche si ha la condensazione dell’L-cisteina con la dopamina che dà origina alle DEIDROSSIBENZOTIAZINE, composti tossici che si comportano da potenti inibitori del complesso I. La disfunzione mitocondriale conseguente determina un aumento della produzione di ROS.

La vitamina E, inoltre, ha dimostrato di esercitare un’azione protettiva nei confronti dei neuroni della sostanza nera. La deprivazione di vitamina E provoca la perdita del 30% dei neuroni dopaminergici della sostanza nera. Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato come l’assunzione prolungata di α-tocoferolo riduca l’incidenza del Morbo di Parkinson.

La Sindrome di Turner ( 45, X)

Il Tuo Viaggio al Tuo Prezzo! La sindrome di Turner deriva dalla monosomia parziale o completa del cromosoma X ed è carazzerittaza primariamente da ipogonadismo in soggetti fenotipicamente femminili.E' la più comune anomalia legata al cromosoma sessuale femminile, e colpisce 1 femmina  su 2000 nate vive.
Circa il 57% non possiede un intero cromosoma X, il che determina un Cariotipo 45,X.Del rimanente 43% un terzo presenta anomalie strutturali dei cromosomi X,e due terzi sono mosaici.
L'effetto complessivo delle anomalie strutturali è l'induzione di una monosomia parziale del cromosoma X.
I soggetti con mosaicismo presentano una popolazione cellulare 45,X insieme a uno o più tipi cellulari con cariotipo normale o anomalo.
Nei pazienti che sono realmente 45,X o in cui la percentuale di cellule 45 ,X è alta , le alterazioni fenotipiche  sono più gravi rispetto a coloro che hanno un mosaicismo facilmente determinabile.
Questi ultimi possono avere un aspetto pressocchè normale  e manifestare solo amenorrea primaria. In modo analogo, i soggetti con una popolazione cellulare contenente un cromosoma Y possono essere a rischio di sviluppare una neoplasia gonadica(gonadoblastoma).
I soggetti più gravemente colpiti in genere manifestano durante l'infazia edema del dorso della mano e del piede e talvolta rigonfiamento della parte posteriore del collo.

Coartazione Aortica

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Detta anche stenosi istmica dell’aorta ha un’incidenza dell’8 % delle cardiopatie congenite e consiste appunto in una stenosi dell’aorta a livello dell’istmo (1-2 cm distalmente all’origine dell’arteria succlavia sinistra) con conseguente ostacolo al flusso ematico e sviluppo di circoli collaterali (aorta – succlavia – mammaria –intercostali – aorta)  per bypassare la stenosi; può essere associata alla S. di Turner e può coesistere un’ipoplasia dell’arco aortico, un  difetto interventricolare o la pervietà del dotto di Botallo.
Anche per questa patologia oggi è possibile un trattamento cardiologico interventistico con dilatazione della stenosi mediante catetere a palloncino o con impianto di stent endovascolare. Il trattamento chirurgico, da effettuare a 2 – 4 anni (o anche prima), consiste nell’intervento di Crafoord in cui viene resecato il tratto di aorta coartato e suturati i due monconi con anastomosi termino–terminale (eventualmente con interposizione di un tubo protesico), o nell’allargamento con un patch del tratto di aorta stenotica; nei bambini molto piccoli si può eseguire l’intervento di Waldhausen in cui si utilizza l’arteria succlavia di sinistra del paziente per effettuare un patch di allargamento dell’aorta (in tali bambini il sacrificio dell’arteria succlavia sinistra è ben tollerato, senza conseguenze ischemiche per l’arto superiore sinistro). L’intervento chirurgico, che è controindicato se si è instaurata un’ipertensione arteriosa maligna, presenta una mortalità operatoria dell’ 8 %.

domenica 25 agosto 2013

Stenosi Aortica

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EZIOLOGIA

L’eziologia della stenosi valvolare aortica acquisita può essere riferita a varie cause: valvulopatia reumatica,  distrofia calcifica primaria, endocardite batterica o può instaurarsi su una valvola bicuspide.
a)      Nella valvulopatia reumatica la deformazione valvolare è patognomonica: le cuspidi appaiono ispessite e le commissure fuse per fibrosi post-infiammatoria; sono altresì frequenti le deposizioni calcifiche secondarie.
b)      La stenosi aortica da distrofia calcifica primaria è definita anche stenosi aortica idiopatica calcifica, in quanto la natura della degenerazione calcifica dei lembi è sconosciuta. Dal punto di vista anatomico, a differenza della valvulopatia calcifica reumatica, le commissure appaiono abitualmente libere e la stenosi è imputabile alla rigidità delle cuspidi in conseguenza delle deposizioni calcifiche .

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CLASSIFICAZIONE

Possiamo distinguere una stenosi aortica di grado lieve con area valvolare maggiore di 1,5 cm² (ha di solito una lenta progressione della durata di decenni ma si sono verificati casi con evoluzione più rapida), stenosi aortica di grado moderato con area valvolare tra 1,5 e 0,8 cm² (ha un tempo medio di aggravamento variabile; nella metà dei casi perchè la stenosi diventi grave è necessario circa un decennio), stenosi aortica grave con area valvolare inferiore a 0.8 cmq. (può restare asintomatica per anni e la comparsa del primo sintomo modifica sostanzialmente la prognosi: nei 3 anni che seguono la comparsa dei primi sintomi si verifica il decesso di una quota compresa tra 1/3 e 1/2 dei pazienti).

FISIOPATOLOGIA

Il restringimento valvolare crea un gradiente pressorio tra ventricolo ed aorta e quando l’ostio valvolare si riduce a meno di un quarto del normale, il gradiente pressorio medio supera i 50 mm Hg e si parla allora di stenosi severa.
Il sovraccarico di pressione sistolica stimola un’ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro, ma il meccanismo di compenso dell’ipertrofia comporta  un aumento del consumo di ossigeno miocardico (ischemia miocardica da discrepanza) ed una riduzione della compliance ventricolare sinistra con aumento della pressione diastolica ventricolare, tale che, per ottenere un riempimento completo del ventricolo, l’atrio sinistro si ipertrofizza e comincia a dilatarsi; l’insorgenza di fibrillazione atriale può far precipitare questo equilibrio precario.
L’aumento della pressione ventricolare sinistra fa aumentare il postcarico, sinchè il ventricolo sinistro non riesce più ad espellere in sistole tutto il sangue che riceve in diastole. Allora aumentano le pressioni in atrio sinistro e nel circolo polmonare e compaiono i segni della congestione polmonare (dispnea da sforzo). Nell’aorta ascendente, a valle dell’ostio valvolare, si può realizzare un’ectasia segmentaria, determinata dall’effetto dei vortici post-stenotici.

QUADRO  CLINICO

La caratteristica triade sintomatologica, costituita da dispnea, angina e sincope, è presente in circa un terzo dei pazienti.

 L’angina è presente come unico sintomo o in associazione agli altri nel 50-70 % dei pazienti,  ed in quelli senza malattia coronarica  essa è probabilmente dovuta alla discrepanza tra l’offerta e la domanda di ossigeno del ventricolo sinistro ipertrofico.
Circa il 30-50 % dei pazienti con stenosi aortica importante presenta episodi sincopali e la causa più accreditata è quella di un’ eccessiva vasodilatazione periferica dovuta ad un alterato meccanismo barocettoriale.
Sintomi da ipertensione venosa polmonare (dispnea, ortopnea, dispnea parossistica notturna o edema polmonare) sono presenti nel 30-40% .

INDICAZIONI  CHIRURGICHE

La sopravvivenza media dei pazienti dopo la comparsa di angina è circa 4 anni, dopo la comparsa di sincope è di circa 3 anni e dopo l’insorgenza di scompenso cardiaco congestizio è circa 2 anni.
La morte avviene per scompenso cardiaco congestizio, sebbene un piccolo numero di pazienti muore di morte improvvisa, presumibilmente a causa di aritmie ventricolari maligne.
La sostituzione valvolare aortica è raccomandata in pazienti che presentano sintomi da ricondurre alla stenosi aortica. Nei pazienti asintomatici molti autori raccomandano l’intervento chirurgico se l’area valvolare è inferiore a 0,7 cm² o il gradiente supera i 70 mm Hg.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                     

Sostanze Antiossidanti

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TOCOFEROLI (vitamine E: α-, β-, γ-, δ-tocoferolo) = Il più potente antiossidante tra i tocoferoli è l’α-tocoferolo. E’ contenuto nelle membrane cellulari e nelle lipoproteine plasmatiche. E’ in grado di interrompere la reazione a catena della lipoperossidazione.
Il gruppo ossidrilico legato alla struttura idrofilica dell’α-tocoferolo è in grado di cedere l’H+ ai radicali perossilici che si formano durante la fase di propagazione della lipoperossidazione. I radicali perossilici, piuttosto che estrarre l’H+ da un acido grasso insaturo adiacente e convertirsi in lipidi idroperossidi, estraggono un H+ dall’α-tocoferolo che viene convertito in un nuovo radicale, detto α-tocoferossile, che però è poco reattivo e non attacca gli acidi grassi vicini. Il radicale α-tocoferossile viene ridotto ad α-tocoferolo per azione dell’Acido Ascorbico che viene convertito in Acido Deidroascorbico. Questo a sua volta viene nuovamente ridotto ad Acido Ascorbico dal NADH che si ossida.

CAROTENI = Rimuovono i radicali liberi appena formati.

ACIDO ASCORBICO RIDOTTO (vitamina C) o OSSIDATO (acido deidroascorbico) = Si comporta da agente riducente ossidandosi e riducendo l’ α-tocoferossile ad α-tocoferolo. E’ dunque coinvolto nella rigenerazione della vitamina E.

GLUTATIONE = Si comporta da agente riducente, contribuendo alla riduzione dell’ H2O2. Tale reazione è catalizzata dalla Glutatione Perossidasi. Lo stato ridotto del Glutatione è mantenuto dalla Glutatione Reduttasi intracellulare.

ACIDO URICO e BILIRUBINA = Eliminano i radicali liberi nel plasma.

POLIFENOLI (flavonoidi, curcumino, resveratrolo, ecc.) = I flavonoidi rappresentano il gruppo più importante di polifenoli. La loro struttura è costituita da due anelli aromatici legati da un anello eterociclico. L’azione antiossidante è dovuta a gruppi idrossilici degli anelli aromatici. I flavonoidi hanno anche un’azione antiapoptotica, inibendo l’ingresso di ioni calcio nelle cellule.


LICOPENE = Presente nel pomodoro. Se cotto, si trasforma in acido ferrulico, antiossidante.

L'Iperglicemia

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L’iperglicemia è, per definizione, una concentrazione di glucosio nel sangue superiore alla norma. Cause di iperglicemia sono:
·         DIABETE MELLITO di tipo1. Diabete insulino-dipendente caratterizzato da un deficit delle cellule β pancreatiche;
·         DIABETE MELLITO di tipo2, caratterizzato da insulino-resistenza;
·         DIABETE GESTAZIONALE. E’ una tipica condizione del periodo della gravidanza e, nella maggior parte dei casi, scompare al suo termine;
·         DIABETE SECONDARIO ad altre patologie: malattie pancreatiche, morbo di Cushing (aumento di glucocorticoidi), Feocromocitoma (aumento di catecolamine), Tireotossicosi (aumento di tiroxina)
In condizioni fisiologiche l’intervallo di normalità va da 65 a 110 mg/dl e non si riscontra presenza di glucosio nelle urine.
Il test di tolleranza al glucosio ci permette di stabilire se un paziente è diabetico. Si effettua misurando la glicemia a digiuno e poi, dopo somministrazione di glucosio per via orale, si misura l’andamento nel sangue della concentrazione di glucosio nelle tre ore successive e si traccia la curva glicemica. Negli stessi campioni di sangue è possibile valutare anche la concentrazione di insulina, tracciando poi la curva insulinemica. Nel diabete mellito di tipo 1 i valori di glicemia saranno elevati e quelli di insulina stazionari anche dopo somministrazione di glucosio, in quanto vi è un deficit di secrezione dell’ormone. Nel diabete mellito 2, invece, la glicemia sarà elevata ma contemporaneamente si registrerà un progressivo aumento della concentrazione di insulina a causa dell’insulino-resistenza.

Per differenziare il diabete mellito di tipo 1 e 2 è utile tracciare la curva dopo somministrazione endovena di 1 mg di glucagone nel paziente a digiuno. Si effettua il prelievo e si valuta la concentrazione di peptide c che dipende dal numero di cellule β funzionanti. In caso di diabete mellito 2 vi è un aumento della concentrazione, valore che invece non si ottiene nel diabete mellito 1.


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Radicali Liberi

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Si definisce radicale libero una specie molecolare contenente uno o più elettroni spaiati.
La presenza di uno o più elettroni spaiati conferisce a tali specie molecolari (atomi o molecole) un’alta reattività.
Per sapere se una specie chimica dà radicali liberi, bisogna conoscerne la configurazione elettronica.

H = 1 s1
L’idrogeno ha un elettrone spaiato nell’orbitale s ed è pertanto un radicale libero.

O2 (Ossigeno singoletto – 16e) = 1 s2, 2 s2, 2 p6, 3 p4

Gli orbitali atomici, interagendo tra loro durante la formazione della molecola, generano un ugual numero di orbitali molecolari.
Gli orbitali molecolari si distinguono in:
  1. Orbitali molecolari leganti, se i due elettroni che entrano in compartecipazione soggiornano più a lungo nella parte centrale della molecola;
  2. Orbitali molecolari anti-leganti, se i due elettroni soggiornano più a lungo nella regione opposta (esternamente).

Gli orbitali molecolari leganti si distinguono a loro volta in:
-          σ, quando la sovrapposizione dei due orbitali avviene lungo lo stesso asse;
-          π, quando la sovrapposizione dei due orbitali avviene su assi paralleli.

Gli orbitali molecolari anti-leganti si distinguono in:
-          σ*
-          π*

Per cui due orbitali s (uno per ogni atomo) generano un orbitale legante σ s ed un orbitale anti-legante σ*s. Così come sei orbitali p (tre per ogni atomo) generano sei orbitali molecolari: due orbitali σ x (uno legante ed uno anti-legante), due orbitali π y (uno legante ed uno anti-legante) e due orbitali π z (uno legante ed uno antilegante).


L’O2 si qualifica come radicale libero perché possiede due elettroni spaiati, ognuno localizzato su un diverso orbitale π* anti-legante.

Gli Organi Emuntori

Il Tuo Viaggio al Tuo Prezzo! Gli organi emuntori mantengono l’omeostasi cioè la costanza di quello che gli antichi fisiologi chiamavano mezzo interno, cioè il liquido interstiziale ovvero il liquido che occupa gli spazi interstiziali che sono a contatto con tutte le cellule.

Gli organi emuntori sono 3:

1. Rene, allontana i cataboliti che si possono sciogliere in acqua, ovvero idrosolubili e li allontana attraverso l’urina. Le sostanze quindi devono essere idrosolubili per poter essere allontanate con l’urina per cui nell’urina ovviamente non troveremo mai grassi.
* Quando parliamo di sostanze idrosolubili o liposolubili come i cataboliti non dobbiamo pensare soltanto a ciò che resta dal metabolismo dei tessuti, ma dobbiamo pensare anche all’allontanamento di sostanze idro e lipo solubili estranee come i farmaci, i quali dopo aver svolto la loro azione vengono degradati ed eliminati attraverso l’urina o la bile.
2. Fegato, particolarmente (ma non esclusivamente) specifico per le sostanze liposolubili che allontana attraverso la bile. Quindi intestino e feci.
3. Polmone, allontana le sostanze gassose, la CO2
Quindi abbiamo un organo specifico per ogni tipo di sostanza, in base alla solubilità. Nell’allontanamento dei rifiuti quello più privilegiato è il polmone, perché la CO2 è un gas quindi viene allontanata sistematicamente e abbastanza facilmente, ogni espirazione allontana CO2. La CO2 è un acido (anche se i chimici la chiamano anidride): la CO2 infatti è il prodotto della degradazione dell’acido carbonico H2CO3, che si scinde in H2O e CO2.  L’H2O resta nell'organismo (perché bisogna anche risparmiarla per il bilancio idrico giornaliero di ogni organismo) la CO2 viene allontanata. Noi allontaniamo parecchia CO2 perché dal nostro metabolismo si formano principalmente acidi come prodotti di rifiuto, per cui il polmone è anche un mezzo per tamponare l’acidità dei liquidi interni: allontanare la CO2 vuol dire allontanare acidi, cioè non spostare verso l’acidità il pH dei liquidi organici, un evento che porterebbe l’organismo verso la cosiddetta acidosi.
Il pH del nostro organismo è di 7,2-7,4 e anche un pH di 7,1 può essere definita acidosi. L’acidosi si manifesta attraverso 2 modalità:
1.Acidosi metabolica, quando gli acidi prodotti dal metabolismo non sono sufficientemente tamponati, attraverso il rene o l’allontanamento della CO2.
2.Acidosi respiratoria, quando il polmone non funziona bene, produciamo la stessa quantità però il polmone ha difficolta ad eliminare la CO2,questa questa si accumula e sposta il pH dei liquidi organici verso l’acidità.


L'Apparato Digerente

Il Tuo Viaggio al Tuo Prezzo! L’apparato digerente è costituito da organi che consideriamo separatamente dal punto di vista didattico ma sono intimamente collegati tra di loro. L’apparato digerente ha il compito di trasformare quello che noi assumiamo dall'esterno, ovvero il cibo, in modo da renderlo assorbibile , cioè di fare in modo che assuma dimensioni tali da poter lasciare l’apparato digerente ed entrare in circolo: il sangue, cioè l’apparato circolatorio, trasporta questo che ormai non è più cibo, ma si tratta di elementi di base come amminoacidi, acidi grassi, glucosio, quindi elementi molto piccoli e trasportarli fino a livello dei tessuti per nutrire i tessuti stessi. Questi elementi devono avere quindi la capacità e la possibilità di attraversare la parete del tubo digerente, le pareti dei capillari, di uscire dal sangue e attraversare la membrana cellulare. Quando entrano dentro la cellula però accade che per essere utilizzati questi elementi devono essere “bruciati”, quindi occorre anche la presenza dell’ossigeno per poterli ossidare ed estrarre l’energia che ci occorre per vivere: ecco spiegata l’importanza dell’apparato respiratorio. Quindi l’apparato digerente è quello che porta i principi nutritivi, però occorre anche l’azione dell’apparato respiratorio che porta l’ossigeno per ossidare, bruciare, fare avvenire la combustione di queste sostanze energetiche, soprattutto grassi e zuccheri, in modo da estrarre l’energia che poi ci serve ad es. per mantenere la frequenza cardiaca, respiratoria, cioè per la nostra vita sia vegetativa che di relazione. L’apparato renale si occupa invece di eliminare poi le scorie.

Quali Sono Le Funzioni Dello Stomaco?

Il Tuo Viaggio al Tuo Prezzo! Le funzioni dello stomaco sono: 

1. Deposito, cioè funzione di immagazzinamento. Lo stomaco è il nostro deposito, per cui noi ci possiamo alimentare abbondantemente e non essere vincolati a un’alimentazione continua, poiché mentre i nostri tessuti si alimentano continuamente, per noi è sufficiente mangiare 2-3 volte al giorno, proprio perché disponiamo di questo contenitore. Ma tutto lo stomaco fa da contenitore? La risposta è NO, infatti la parte dello stomaco che fa da contenitore è il fondo, perché è ricco di fibre oblique. Dunque quando le fibre oblique sono contratte la porzione del fondo è piccola invece quando le fibre si rilasciano, questa parte si allarga. Ricordiamo inoltre che all'interno dello stomaco la mucosa presenta delle pieghe, quindi il rilasciamento di queste fibre oblique porta anche allo spianamento di queste pieghe. § Lo sapete come si riconosce il fondo? Il fondo corrisponde anche radiologicamente alla cosiddetta “bolla gastrica”, cioè aria contenuta nello stomaco, si tratta dell’aria che noi introduciamo attraverso lo sfintere esofageo superiore e che raggiunge anche lo stomaco, dove per leggi fisiche si deposita nella parte più alta; se questa bolla aumenta o diminuisce, è segno caratteristico di alcune patologie. Questo rilasciamento del fondo dello stomaco prende il nome di rilasciamento recettivo, proprio perché consente di ricevere il bolo che sta arrivando. Il rilasciamento recettivo si innesca già durante la masticazione, quindi avviene durante quella che viene chiamata fase cefalica del controllo dell’attività gastrica. La fase cefalica è così chiamata perché è di tipo nervoso, cioè avviene tramite riflessi e i recettori che innescano questi riflessi si trovano nella testa. Questi riflessi vengono mediati dal n. vago, cioè la via afferente può essere diversa, può cambiare (può essere ad es. la via gustativa), ma la via efferente è il n. vago. Le fibre vagali che si distribuiscono alle fibre muscolari oblique, quando si innescano questi riflessi, rilasciano dei mediatori che non attivano la contrazione, ma che al contrario la inibiscono!! E’ vero quindi che il n. vago (parasimpatico) svolge azione facilitatoria sulla motilità gastrica, sull'apparato digerente, ma bisogna fare attenzione perché in alcuni distretti si ha una inibizione: la prova è data proprio dal fatto che quando si innescano questi riflessi le fibre vagali che si portano alla muscolatura liscia la inibiscono, la fanno de-tendere.

2. Funzione di difesa: perché l’acido cloridrico agisce su una buona parte dei batteri. In ogni caso si tratta di una azione antibatterica, poiché ad es. non agisce sui virus e sui funghi. Più che lo stomaco quindi, per quanto riguarda quest’ultima funzione, sarebbe meglio dire che lo stomaco svolge questa funzione in quanto produce acido cloridrico, pertanto la potremmo considerare tra le funzioni dell’acido cloridrico. 

3. Un’altra funzione dello stomaco da attribuire all'acido cloridrico riguarda il ferro, poiché l’HCl mantiene il ferro allo stato ferroso che è la forma utilizzabile. Se si riduce quindi la produzione di HCl, cioè si ha uno stato di ipocloridria oppure di acloridria, cioè mancanza di acido cloridrico, si hanno effetti sulla produzione e maturazione dei globuli rossi, nelle quali il ferro è coinvolto in quanto entra a far parte della molecola dell’emoglobina e un globulo rosso diventa maturo solo se ha sintetizzato l’emoglobina e l’ha resa funzionale. 

4. Lo stomaco produce il fattore intrinseco, il quale si complessa con la vitamina B12 che è chiamata anche fattore estrinseco. 

 5. Digestione meccanica, pertanto non è una digestione chimica quella che avviene nello stomaco, ma è una digestione meccanica. Per digestione meccanica si intende un tipo di digestione simile a quella che avviene a livello della bocca, soltanto che nella bocca il cibo viene triturato, i cibi solidi vengono ridotti in frammenti grandi mentre a livello dello stomaco il bolo viene fluidificato, reso semiliquido, poiché viene mescolato con il succo gastrico, per cui a questo punto il materiale prende il nome di chimo, non si chiama più bolo.


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